sabato 22 luglio 2017

IN RICORDO DELLA PERDITA' DI UN GRANDE GIUDICE: MICHELE BARILLARO. Delittodiusura.it


Oggi, a cinque anni dalla sua tragica scomparsa avvenuta il 23 luglio 2012, desidero dedicare un pensiero al giovane MAGISTRATO MICHELE BARILLARO, figlio dell'amico Raffaele Barillaro, affinché rimanga vivo il suo ricordo.
Ecco alcuni scritti su di lui.
MICHELE BARILLARO, IL MAGISTRATO ANTIMAFIA GIÀ DIMENTICATO (di Paolo Minucci)
Oggi, tre anni fa, moriva un servitore dello Stato dal nome poco altisonante. Si chiamava Michele Barillaro ed era un magistrato.
Barillaro moriva, insieme ad altre due persone che l’accompagnavano, il 23 luglio del 2012 in un incidente d’auto in Namibia; uno scontro frontale della sua autovettura con un camion (illeso il conducente). Solo pochi giorni prima, il 9 luglio, il ministero dell’Interno aveva stabilito che la scorta non era più un elemento necessario per la salvaguardia della sua vita e la vicenda aveva destato non poche polemiche.
Barillaro non era un magistrato qualunque. Aveva ricevuto segnali inquietanti dalla criminalità organizzata che lui combatteva, e solo una settimana dopo la rimozione della scorta, gli fu infatti indirizzata una minaccia di morte che più chiara non si può, recapitata con una lettera anonima all’Adnkronos, con una scritta in rosso che recitava così: "Compagni!!!! Barillaro senza scorta, senza più celerini che lo guardano come un bambino idiota: che regalo!! Grazie ai neri burocrati suoi degni compari che l’hanno giustiziato con le loro mani!! Ladro di Stato era ora! Fascista e impunito!! Gli scrivani del popolo diventano giustizieri della storia. I Compagni lo manderanno a far compagnia a un altro fascista vent’anni dopo via d’Amelio. Barillaro è il nostro regalo di compleanno”.
Fascista, idiota, ladro. Gli epiteti, tuttavia, non destarono troppo scalpore sulla stampa nazionale, a parte qualche articolo di cronaca, e si spensero pochi giorni dopo, con la sua morte a lavar le coscienze.
Michele Barillaro era un magistrato tosto, non politically correct (quantomeno discutibile la sua passione per la caccia), che ebbe l’opportunità, senza lasciarsela scappare, di essere presente in passaggi cruciali della recente storia giudiziaria italiana. Aveva redatto, infatti, la sentenza nel processo Borsellino Ter, il processo che si occupava della strage di via D’Amelio, così come si era occupato di quella per il processo a Totò Riina (e ad altri) per l’attentato contro Giovanni Falcone del 1989 sulle Coste dell’Addura. Aveva poi, tra le altre cose, seguito le piste degli anarco-insurrezionalisti (denunciandone gli affari con le mafie italiane soprattutto sul litorale toscano), riuscendo a portare alla luce un giro di riciclaggio di denaro verso la Cina per un valore di 4,5 miliardi di euro.
Ma tant’è, gli tolsero la scorta. Aveva 45 anni quando morì. Ancora in vita, per la sua attività contro la mafia aveva ricevuto il premio internazionale "Rosario Livatino” e in quell’occasione aveva sottolineato l’imbarazzante cambio di registro di una parte degli italiani su Paolo Borsellino all’indomani della sua morte quando, invece, da vivo, lo stesso magistrato aveva attirato diverse antipatie sia politiche che giornalistiche.
Oggi è difficile ricordarsi di Michele Barillaro. Sembra non esservene traccia. È difficile convincersi che solo due anni fa era qui, in mezzo a noi, lavorando per un futuro migliore.
Espressione di un paese che, con coraggio, ancora si batte contro un passato tentacolare fatto di politica e denaro, mafia e potere, il magistrato calabrese morto in Africa (in circostanze che non furono mai chiarite nel dettaglio) è a tutti gli effetti parte di una categoria tutta italiana, adagiata tra sacro e profano, tra menzogne (ufficiali) e verità (nascoste): i santi laici.
Martiri in vita e martiri in morte di uno Stato assente, nella migliore delle ipotesi.
TRATTO DA WIKIPEDIA: 
Michele Maria Barillaro nato a Reggio Calabria il 27 agosto 1967 e morto a Okahandja, il 23 luglio 2012.
Michele Barillaro si è laureato in giurisprudenza all'Università di Bologna, dal 1996 al 2006 è stato giudice del tribunale di Nicosia in provincia di Enna e consigliere applicato alla Corte d'assise d'appello a Caltanissetta.
Tra il 1998 e il 2005 si è occupato di importanti casi, tra cui il "Borsellino ter" sulla strage di via d'Amelio, sull'attentato dell'Addaura contro Giovanni Falcone, sulla "Strage di Gela", "Omicidio Ciancio”, "Piazza Pulita”.
È stato consigliere applicato alla Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta dove ha redatto la sentenza nel processo Borsellino ter sulla strage di via D'Amelio e la sentenza nel processo a Totò Riina e altri per l'attentato all'Addaura contro Giovanni Falcone. Per la sua attività gli fu assegnato il premio internazionale "Rosario Livatino". Su Borsellino disse "Ora tutti lo osannano, ma a quei tempi era stato lasciato solo". A Firenze, Barillaro si era occupato del pericolo degli anarco insurrezionalisti, ma soprattutto delle infiltrazioni mafiose e delle loro relazioni con l'enorme riciclaggio verso la Cina, che denunciò pubblicamente.
L'11 luglio la Guardia di Finanza eseguì 111 perquisizioni sequestrando 47 milioni di euro in un'operazione sul trasferimento di soldi dall'Italia alla Cina. L'operazione, firmata da Barillaro, era la terza del genere. Per il flusso di denaro illegale, in totale, sono stati scoperti 4,5 miliardi di euro, 24 persone arrestate e 581 denunciate. Numeri pazzeschi per un giudice a cui era stata tolta la scorta.
Nominato GIP di Firenze, si è occupato dell'area anarco-insurrezionalista, della truffa aggravata al Servizio Sanitario Nazionale e dell'evasione fiscale a carico dei vertici dell'azienda farmaceutica Menarini.
Come docente di diritto penale ha insegnato alla Scuola Superiore Professioni Legali dell'Università di Firenze, alla scuola forense "G. Alessi" di Caltanissetta, e della Formazione Permanente A.I.G.A. della sezione di Firenze. Dal 2008, sino alla morte, è stato consulente presso la Commissione Parlamentare Antimafia e ha prestato assistenza tecnica all'Unità Speciale per la Lotta alla Criminalità Organizzata ed alla Corruzione del governo della Macedonia.
È morto il 23 luglio 2012, all'età di 44 anni, nei pressi di Otjiwarongo, in Namibia, in incidente stradale avvenuto intorno alle 19. Nell'incidente hanno perso la vita un amico del giudice, l'avvocato fiorentino Roberto Colcellini, socio di un'attività ricettiva in Namibia e un cameriere namibiano che lavorava nella struttura del legale.
L'auto su cui viaggiavano i tre si è scontrata frontalmente con un camion.
Poco prima di morire, il 16 luglio, era stato oggetto di minacce di morte inviate alle redazioni fiorentine de La Nazione e La Repubblica, nelle quali veniva esultato il fatto che fosse stato tolto il dispositivo di protezione che gli era stato assegnato
Un Abbraccio 
Silvestro Dell'Arte




















IN RICORDO DELLA PERDITA' DI UN GRANDE GIUDICE: MICHELE BARILLARO. Delittodiusura.it

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.